mercoledì 6 ottobre 2010

Oberflitz.

Venticinque anni fa, da poco laureato, stanco, il lavoro che non funzionava, la casa che non si trovava, una vita che non ingranava... venticinque anni fa insomma, solo all’inizio di agosto, pallidi e accaldati, riuscimmo ad iniziare a pensare alle vacanze(io e la mia fidanzata). Senza spendere troppo, mi raccomando! Che anche soldi non ce n’erano, né si sapeva quando sarebbero arrivati. Qualcuno ci consigliò la Val di Funes, forse qualcosa lì si riusciva ancora a trovare.
E così il 4 o il 5 agosto riuscimmo finalmente a partire da Milano, con la nostra macchina tutta scassata. Lungo la strada ci fermammo a mandare per posta la domanda di partecipazione a un concorso da comunale in un paese della cintura milanese, un postaccio, ma non vedevo alternative.
La stanza che avevamo preso era subito oltre il fiume, sul lato meno esposto al sole, a metà della valle. Non ci accorgemmo neanche che più in là c’erano delle spettacolari dolomiti, e la mattina dopo partimmo per una passeggiata nel bosco scosceso dietro casa, verso Flitz. Non avevamo neanche la cartina (era la prima volta che andavamo in montagna da quando eravamo bambini, prima ci pensavano i genitori) e nel giro di poco tempo perdemmo il sentiero. Cominciammo quindi a vagare nel bosco, non c’era nessuno in giro a cui chiedere. Ma non volevamo mollare, e quindi proseguimmo salendo, seguendo qualche traccia e qualche vecchio segnale, tutti sudati, graffiati dai rovi e dalle ortiche, furenti e di pessimo umore.
Improvvisamente sbucammo in cima. E di là, un pianoro erboso vastissimo, ordinato, qua e là mucche e cavalli, percorso da persone civili. E una vista spettacolare, le Odle meravigliose, il Sassolungo, l’alpe di Siusi, montagne innevate in lontananza! Al piccolo rifugio nella malga, un ottimo pasto, gustoso e a poco prezzo.
Quella gita mi ha cambiato la vita (è un po’ esagerato, ma è così). Ho imparato che non bisogna mollare. Che bisogna faticare, e che alla fine c’è il premio. Che dalle situazioni più nascoste e trascurate possono venir fuori delle belle sorprese.
A casa eravamo ospiti di due vecchini tedeschi, per nulla a disagio ad avere in casa un ragazzo e una ragazza che passavano un sacco di tempo a letto a fare l’amore, ma anzi abbastanza incuriositi (con molta discrezione, però) dalle nostre usanze culinarie. Fuori, gli alberi e i ripidi prati faticosamente falciati sotto il sole da intere famigliole, boschi che sembravano giardini. E alla vecchina, quando pensava che non la sentisse nessuno, piaceva cantare accompagnandosi con l’organetto.
Be’, da quella volta tutto è iniziato ad andare meglio.
E al concorso per il posto in Comune non mi sono neanche presentato.

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